domenica 16 ottobre 2011

Genesi: Il peccato originale

La scorsa settimana abbiamo lasciato i progenitori vivere nel Paradiso terrestre in piena amicizia con Dio (Genesi 2). Oggi riprendiamo da questo passo per riferire il racconto del peccato originale, contenuto in Genesi capitolo 3.


Una donna viene istigata da un serpente parlante a mangiare il frutto di un albero (indicato come "l'albero della conoscenza del bene e del male"), ed ella ne dà da mangiare anche a suo marito; per questo vengono condannati da Dio a lasciare il giardino dell'Eden e a non mangiare più i frutti di un altro albero, detto "albero della vita". Cosa si cela dietro questo racconto? Si tratta solo di un mito, frutto della fantasia degli antichi, o cela un messaggio di Dio anche per gli uomini e le donne del nostro secolo? Cerchiamo di comprendere il vero senso del racconto biblico, senza lasciarci ingannare dal senso letterale del racconto, ricordando, come dice san Paolo, che "la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita" (2 Corinzi 3, 6). 


I nostri progenitori, prima del peccato originale, avevano a loro disposizione tutto ciò che poteva renderli felici: l'equilibrio delle passioni, una piena amicizia con Dio, l'immortalità del corpo. Il primo uomo e la prima donna avevano anche il libero arbitrio: erano cioè pienamente liberi di accettare o rifiutare la volontà di Dio. Il Dio dei cristiani è infatti Amore e chiede amore, e l'amore non può essere estorto, ma solo donato liberamente.

Un serpente parlante?
Leggiamo che un serpente parlò alla prima donna. Qualcuno ha osservato che i serpenti parlanti non esistono, e da questo ha dedotto che la Genesi è falsa. Questo argomento è così ingenuo che non varrebbe neanche la pena di confutarlo: tutti noi sappiamo che gli animali non parlano, ma non per questo le storie di Esopo - in cui gli animali parlano - tra loro sono false: è evidente. Così in questo passo della Genesi. La Bibbia non vuol certo insegnarci l'esistenza storica di un serpente parlante: esso è un simbolo per indicare "il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra" (Apocalisse 12, 9). L'autore sacro preferisce non fare esplicitamente il nome di satana, forse per evitare che fosse creduto una divinità in lotta con Dio, un dio infernale, malefico: no, non è un dio, ma una creatura.

Il peccato originale: l'uomo che vuol mettersi al posto di Dio
Il peccato originale raffigurato da Michelangelo,
sulla volta della Cappella Sistina, in Vaticano
Il diavolo, con l'inganno sedusse la prima donna: no, le disse, il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male non vi farà morire, ma "Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male". I progenitori si lasciarono ingannare da questa promessa: diventare come Dio, mettersi al suo posto, decidere invece di lui cosa è bene e cosa è male: l'uomo non vuol più dipendere da Dio, rifiuta il suo amore e le sue leggi, oltrepassa i limiti che gli sono stati posti. Questo è il peccato originale: non l'aver mangiato una mela (tra l'altro, la Genesi non accenna ad alcuna mela), non l'aver colto un frutto corporeo e materiale; il peccato originale fu un atto di ribellione dell'uomo nei confronti di Dio (non ci viene detto quale atto in particolare), un gesto ispiratogli dal diavolo che, per la sua superbia, per primo osò sfidare il suo Creatore. Il secolo appena trascorso, il Novecento, ci ha mostrato le terribili conseguenze della ribellione a Dio: il nazismo e il comunismo ci hanno mostrato di quali crudeltà è capace l'uomo quando l'uomo si fa Superuomo e, travolto dalla superbia, pretende di fare a meno di Dio.

Ogni uomo e ogni donna nasce con questa macchia, che chiamiamo peccato originale: esso non deriva da una colpa dell'individuo, ma dalla nostra natura corrotta (i teologi, per precisione, dicono che il peccato originale non viene commesso, ma contratto). Il peccato originale, che tutti noi abbiamo alla nascita, non deriva quindi da una colpa nostra o dei nostri genitori, e viene cancellato dal Battesimo.

L'uomo rompe l'amicizia con Dio
Subito dopo il peccato originale, i progenitori persero la loro innocenza: prima erano nudi, ma non ne provavano vergogna, ora si è scatenata in loro la passione dei sensi, e ne provano vergogna e vanno a coprirsi. Hanno perso anche l'amicizia di Dio: quando lo sentono avvicinare, si nascondono. Dio, però, non abbandona l'uomo, anzi va in cerca di lui come il padre misericordioso aspettava il figliol prodigo nella parabola di Gesù: "Dove sei?" chiede Dio all'uomo, e l'uomo risponde: "Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". Ma l'uomo non deve avere paura di Dio: "Non abbiate paura!" dice spesso Gesù nel Vangelo e, più recentemente, ripeté Giovanni Paolo II.

L'uomo non riesce a tenere nascosto il suo peccato a Dio, che gliene chiede spiegazione: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". A questo punto l'uomo cerca di scaricare sulla donna la sua colpa: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato [del frutto] dell'albero e io ne ho mangiato". A ben vedere, non solo scarica la colpa sulla donna, ma anche su Dio stesso: "La donna che tu mi hai posta accanto". Anche la donna rifiuta di riconoscere la sua colpa: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato". 

Il primo annuncio della Redenzione
L'Immacolata di Rubens, ritratta nell'atto
di schiacciare la testa del serpente
La punizione di Dio non si fa attendere. Per primo colpisce, e non a caso, il serpente: "Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita". Non si creda che il serpente avesse le zampe e che dopo la punizione di Dio le abbia perse! Camminare sul ventre, strisciare per terra, mangiare la polvere sono espressioni, ancora oggi, per indicare un terribile sconfitta: Dio dice al diavolo: tu sei uno sconfitto. Ma chi ha sconfitto il maligno? Dio lo dice subito dopo: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". Una stirpe di donna avrebbe schiacciato la testa del serpente: chi è mai questo nato da donna che sconfigge il diavolo? Senza dubbio è Gesù Cristo, il figlio della Vergine Maria, l'Immacolata, nata senza il peccato originale, la nuova Eva, Madre del Redentore, che ha sconfitto la morte e ci ha donato la vita eterna: "O felice colpa, che ci facesti meritare un così grande Redentore!", esclamerà sant'Agostino. Da notare: Dio non ha ancora pronunciato all'uomo la sua condanna, e già gli promette la Redenzione. Dal momento che contiene il primo annuncio della salvezza, questo brano viene solitamente chiamato protovangelo, primo lieto annuncio.

Le conseguenze del peccato
La condanna colpisce poi la donna: la maternità diventa per lei fonte di dolore; il suo istinto la spinge verso suo marito, ma da lui non riceve amore: il peccato ha infranto i legami familiari.

Tocca poi all'uomo: "Maledetto sia il suolo per causa tua!". Da notare che Dio maledice direttamente il diavolo ("Maledetto tu tra tutto il bestiame"), ma non l'uomo o la donna. Non dice: "Maledetto l'uomo!", bensì: "Maledetto il suolo!". La terra, che prima dava spontaneamente all'uomo i suoi frutti, ora produce per lui solo spine e cardi. "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!".

Dio copre poi la nudità dell'uomo, facendo per lui delle tuniche di pelli (gesto di affetto paterno: è il padre che copre e veste i suoi figli). L'uomo e la donna, però, non possono più stare nel Paradiso terrestre: non meritano più il frutto dell'albero della vita; hanno perso la vita eterna (ma la riotterranno per la grazia di Cristo). 


Dopo il peccato originale il male dilagherà nel mondo, come vederemo la prossima settimana con l'episodio di Caino e Abele.