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domenica 4 settembre 2011

Volta: l'inventore della pila elettrica che faceva il catechista

"Ho sempre tenuto e tengo per unica, vera e infallibile questa santa Religione Cattolica, ringraziando senza fine il buon Dio d'avermi infusa una tale fede in cui mi propongo fermamente di voler vivere e morire, con viva speranza di conseguire la vita eterna".

Queste parole sono di Alessandro Volta, di nobile famiglia, nato a Como nel 1745 e qui morto nel 1827, fisico illustre, tra i primissimi a studiare l'elettricità, giungendo, tra l'altro, all'invenzione della pila. Probabilmente ricorderete il suo volto sulle vecchie banconote da diecimila lire.

Egli fu grande non solo come scienziato, ma anche come cattolico: ogni giorno partecipava alla Messa, nei giorni festivi faceva la Comunione; spesso spiegava il catechismo ai fanciulli della sua chiesa parrocchiale. Ogni giorno recitava il Rosario, e restò fedele a questa pratica per tutta la sua vita.

In un epoca in cui i "poteri forti" e i presunti grandi intellettuali perseguitavano la Chiesa sul piano materiale e spirituale, Volta studiò molto la dottrina cattolica e la visse sempre con grande passione. Un fulgido esempio per i cattolici di oggi, una autentica "sentinella del mattino".



domenica 28 agosto 2011

Sant'Agostino: "Tu, o Dio, ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposi in te"

28 agosto: la Chiesa festeggia sant'Agostino, vescovo e dottore della Chiesa. Nella nostra galleria di "cattolici illustri" non possiamo non parlare di lui: peccatore convertito, raccontò la sua travagliata esperienza spirituale e intellettuale nelle splendide Confessioni; trovata la Verità, la difese dagli attacchi dei pagani e degli eretici nella monumentale Città di Dio; filosofo brillante, la sua opera costituisce una delle pietre angolari del pensiero universale.

Cosa può insegnare Agostino all'uomo di oggi, a distanza di quindici secoli dalla sua morte? Agostino visse in un'epoca di crisi: la caduta dell'Impero romano. Il crollo delle antiche certezze si accompagnava alla convinzione che non esiste una Verità, ma solo dubbio: all'epoca si chiamava scetticismo, oggi relativismo. Agostino insegna che per trovare certezza e perfezione occorre guardare a Dio, un Dio che è vicino all'uomo, anzi: dentro l'uomo. Da qui l'invito: "Non uscire da te, ritorna in te stesso: all'interno dell'uomo abita la Verità".

Ai suoi tempi, l'eretico Pelagio (da cui il nome "pelagianesimo" dato alla sua eresia) insegnava che l'uomo può salvarsi da solo, senza l'aiuto di Dio. A questa eresia, che si ripresenta anche ai nostri giorni, Agostino risponde che il peccato originale ha corrotto la natura umana, rendendo l'uomo peccatore: solo la grazia di Cristo Redentore può quindi salvare l'uomo e concedergli la salvezza.

Nella sua epoca un'altro eretico, Donato (da cui il nome "donatismo") si opponeva alla Chiesa, perché i sacerdoti erano indegni della loro missione e peccatori (accuse tornate in voga dopo lo scandalo dei preti pedofili). Agostino rispondeva, e risponderebbe anche oggi, che la Chiesa è stata fondata da Cristo, ma che è composta da uomini, e tutti gli uomini, anche i preti, sono dei peccatori: ma, rimanendo nella Chiesa, non attendiamo la salvezza dagli uomini, ma sempre e solo da Cristo.

Le questioni affrontate da Agostino sono sterminate, e sarebbe impossibile riassumerle tutte in questa pagina, basta dire tutto il pensiero moderno gli è debitore: egli è stato fonte di ispirazione per san Tommaso d'Aquino; Pascal riprese da lui la sua teoria della grazia, e Cartesio il famoso argomento del cogito ergo sum. Alcune brillanti intuizioni di Agostino hanno anticipato di secoli la scienza moderna, da Galilei a Kant; le sue idee sulle leggi e sulla giustizia hanno precorso Rousseau e Locke; gli stessi sistemi di Hegel e Marx non sembrano, a ben vedere, che brutte secolarizzazioni della sua filosofia della Storia.

Oggi, in un'epoca dominata dal dubbio e dall'inquietudine, il pensiero dovrebbe guardare ad Agostino e ripetere con lui: "Tu, o Dio, ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposi in te".




domenica 14 agosto 2011

Gli scienziati e la preghiera del Rosario

Un giovane studente universitario entra nello scompartimento di un teno e si siede accanto ad un anziano. Dopo un po' si accorge che costui sta recitando il Rosario, sgranando la corona con le dita. Lo studente lo guarda per qualche istante e poi dice:
- Vedo, egregio signore, che lei crede ancora in quelle favole.
- Sì, caro giovanotto. tu non ci credi?
- Io? - risponde lo studente sorridendo. - No, non ci credo da molto tempo. Seguite il mio esempio, brav'uomo, e buttate via quel Rosario. Mettetevi a studiare la nuova scienza.
- La nuova scienza? - domandò l'anziano. Di che si tratta? Potresti aiutarmi a capirla?
- certamente, volentieri - disse lo studente. - Mi dia solo il suo indirizzo e le manderò un libro adeguato.
L'anziano signore tira fuori dal portafogli il suo biglietto da visita e lo dà al giovane. Questi legge: "Louis Pasteur. Istituto di Ricerche Scientifiche. Parigi".

Era il grande Louis Pasteur, chimico e biologo francese (1822 - 1895), inventore della pastorizzazione, che da lui ha preso il nome, oltre che padre della microbiologia e dell'immunologia. Per tutta la vita fu un fervente cattolico.

Anche Guglielmo Marconi, scienziato e inventore italiano (1874 - 1937), premio Nobel per la fisica, inventò il sistema di telegrafia senza fili su cui si basano TV, radio, telefoni portatili e cellulari, telecomandi e molto altro.

In occasione del suo matrimonio, papa Pio XI regalò, a lui e a sua moglie, una preziosa corona del Rosario. Quando Marconi si trovò sul letto di morte, a chi gli chiese se non avesse un messaggio per la sposa assente, rispose:
- Le direte che io tenevo in mano la mia corona.

Altre sue dichiarazioni non ci lasciano dubbi sulla sua fede:


"Credo nella potenza della preghiera come cristiano e come scienziato"

"La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di essere cristiano"



domenica 31 luglio 2011

Pascal: "Ecco cos'è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione"

Ci occupiamo oggi di Blaise Pascal, scienziato e filosofo francese (1623 - 1662).

A sedici anni compose un trattato di geometria, a diciotto inventò una macchina calcolatrice; in seguito compì numerosi studi sul vuoto, sulla meccanica dei fluidi e sul calcolo delle probabilità. A trentun anni entrò nella comunità monastica di Port-Royal. Qui lavorò, tra l'altro, a un'opera filosofica, l'Apologia del cristianesimo, che rimase incompiuta per la sua morte prematura. I suoi appunti, tuttavia, furono raccolti e ordinati dai suoi amici e pubblicati con il titolo di Pensieri.

La sua filosofia parte dall'analisi della condizione umana:
"Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo [...] senza sapere perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà".
L'unica cosa certa è che ogni uomo desidera la felicità, ma nessuno è in grado di raggiungerla; così tutti si lamentano: prìncipi e sudditi, vecchi e giovani, dotti e ignoranti; di tutti i paesi, di tutti i tempi, di tutte le età e di tutte le condizioni.

Non potendo sottrarsi al dolore e alla miseria, gli uomini tentano di fuggire fuori di sé, di distrarsi in mille attività, nella ricerca di piaceri finiti che tuttavia non riescono mai a saziare il nostro desiderio di felicità infinita.

Questo, secondo Pascal,  è dovuto al peccato originale: l'uomo, creato perfettamente libero e felice, ha in seguito perso la propria condizione originaria per propria colpa, trovandosi nella stessa condizione di un re che, esiliato, rimpiange il suo regno. L'uomo, creato per Dio, non può dunque trovare la propria felicità senza la fede.

Per Pascal, dunque, la ragione mostra all'uomo la necessità della fede cristiana, la sola capace di spiegare l'infelicità umana e di porvi rimedio. La fede, tuttavia, non scaturisce dalla ragione, ma da Dio:
"Il cuore e non la ragione sente Dio. Ecco cos'è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione".




domenica 24 luglio 2011

Ampère: "Io sono grande solo quando prego"

Il beato Federico Ozanam, futuro fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli, da giovane attraversò una brutta crisi religiosa.

Una sera entrò, come d'istinto, in una chiesetta gotica di Parigi. Pensava di essere solo ma, nella penombra, intravide la figura di un vecchio che stava pregando, in silenzio, davanti all'altare: era il grande fisico Ampère. Federico non credeva ai suoi occhi. Aspettò che Ampère uscisse dalla chiesa, poi lo seguì per la strada. Quando  lo raggiunse, gli chiese: "Mi dica, professore: è possibile essere così grande e pregare ancora?". Ampère gli rispose: "Figlio, io sono grande solo quando prego".

André-Marie Ampère (1775 - 1836), scienziato francese, effettuò ricerche in fisica, chimica, matematica e scienze naturali, compiendo fondamentali scoperte di elettrodinamica ed elettromagnetismo. Da lui ha preso il nome l'ampère, l'unità di misura dell'intensità elettrica. Spesso le enciclopedie dimenticano di ricordare che era anche terziario francescano.

Qual era lo spirito con cui si disponeva allo studio e alla ricerca scientifica? Ce lo dice lui stesso in questo aforisma: "Se leggi, leggi con un occhio solo, e l'altro rivolgilo a Dio. Se scrivi, scrivi con una mano sola, e l'altra tendila a Dio".