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domenica 28 agosto 2011

Sant'Agostino: "Tu, o Dio, ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposi in te"

28 agosto: la Chiesa festeggia sant'Agostino, vescovo e dottore della Chiesa. Nella nostra galleria di "cattolici illustri" non possiamo non parlare di lui: peccatore convertito, raccontò la sua travagliata esperienza spirituale e intellettuale nelle splendide Confessioni; trovata la Verità, la difese dagli attacchi dei pagani e degli eretici nella monumentale Città di Dio; filosofo brillante, la sua opera costituisce una delle pietre angolari del pensiero universale.

Cosa può insegnare Agostino all'uomo di oggi, a distanza di quindici secoli dalla sua morte? Agostino visse in un'epoca di crisi: la caduta dell'Impero romano. Il crollo delle antiche certezze si accompagnava alla convinzione che non esiste una Verità, ma solo dubbio: all'epoca si chiamava scetticismo, oggi relativismo. Agostino insegna che per trovare certezza e perfezione occorre guardare a Dio, un Dio che è vicino all'uomo, anzi: dentro l'uomo. Da qui l'invito: "Non uscire da te, ritorna in te stesso: all'interno dell'uomo abita la Verità".

Ai suoi tempi, l'eretico Pelagio (da cui il nome "pelagianesimo" dato alla sua eresia) insegnava che l'uomo può salvarsi da solo, senza l'aiuto di Dio. A questa eresia, che si ripresenta anche ai nostri giorni, Agostino risponde che il peccato originale ha corrotto la natura umana, rendendo l'uomo peccatore: solo la grazia di Cristo Redentore può quindi salvare l'uomo e concedergli la salvezza.

Nella sua epoca un'altro eretico, Donato (da cui il nome "donatismo") si opponeva alla Chiesa, perché i sacerdoti erano indegni della loro missione e peccatori (accuse tornate in voga dopo lo scandalo dei preti pedofili). Agostino rispondeva, e risponderebbe anche oggi, che la Chiesa è stata fondata da Cristo, ma che è composta da uomini, e tutti gli uomini, anche i preti, sono dei peccatori: ma, rimanendo nella Chiesa, non attendiamo la salvezza dagli uomini, ma sempre e solo da Cristo.

Le questioni affrontate da Agostino sono sterminate, e sarebbe impossibile riassumerle tutte in questa pagina, basta dire tutto il pensiero moderno gli è debitore: egli è stato fonte di ispirazione per san Tommaso d'Aquino; Pascal riprese da lui la sua teoria della grazia, e Cartesio il famoso argomento del cogito ergo sum. Alcune brillanti intuizioni di Agostino hanno anticipato di secoli la scienza moderna, da Galilei a Kant; le sue idee sulle leggi e sulla giustizia hanno precorso Rousseau e Locke; gli stessi sistemi di Hegel e Marx non sembrano, a ben vedere, che brutte secolarizzazioni della sua filosofia della Storia.

Oggi, in un'epoca dominata dal dubbio e dall'inquietudine, il pensiero dovrebbe guardare ad Agostino e ripetere con lui: "Tu, o Dio, ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposi in te".




domenica 31 luglio 2011

Pascal: "Ecco cos'è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione"

Ci occupiamo oggi di Blaise Pascal, scienziato e filosofo francese (1623 - 1662).

A sedici anni compose un trattato di geometria, a diciotto inventò una macchina calcolatrice; in seguito compì numerosi studi sul vuoto, sulla meccanica dei fluidi e sul calcolo delle probabilità. A trentun anni entrò nella comunità monastica di Port-Royal. Qui lavorò, tra l'altro, a un'opera filosofica, l'Apologia del cristianesimo, che rimase incompiuta per la sua morte prematura. I suoi appunti, tuttavia, furono raccolti e ordinati dai suoi amici e pubblicati con il titolo di Pensieri.

La sua filosofia parte dall'analisi della condizione umana:
"Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo [...] senza sapere perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà".
L'unica cosa certa è che ogni uomo desidera la felicità, ma nessuno è in grado di raggiungerla; così tutti si lamentano: prìncipi e sudditi, vecchi e giovani, dotti e ignoranti; di tutti i paesi, di tutti i tempi, di tutte le età e di tutte le condizioni.

Non potendo sottrarsi al dolore e alla miseria, gli uomini tentano di fuggire fuori di sé, di distrarsi in mille attività, nella ricerca di piaceri finiti che tuttavia non riescono mai a saziare il nostro desiderio di felicità infinita.

Questo, secondo Pascal,  è dovuto al peccato originale: l'uomo, creato perfettamente libero e felice, ha in seguito perso la propria condizione originaria per propria colpa, trovandosi nella stessa condizione di un re che, esiliato, rimpiange il suo regno. L'uomo, creato per Dio, non può dunque trovare la propria felicità senza la fede.

Per Pascal, dunque, la ragione mostra all'uomo la necessità della fede cristiana, la sola capace di spiegare l'infelicità umana e di porvi rimedio. La fede, tuttavia, non scaturisce dalla ragione, ma da Dio:
"Il cuore e non la ragione sente Dio. Ecco cos'è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione".